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LA MORALE (serie: i danni del '68)

Questa storia potrebbe cominciare con il classico: C’era una volta… la morale.  La morale era l’insieme delle regole interiori che ognuno di noi si costruiva attraverso l’educazione familiare, sociale e religiosa. La morale dominante da noi era ovviamente quella cattolica. Frequentavamo l’oratorio dove ci si insegnava il catechismo, ma anche ciò che è giusto  e ciò che non lo è, si introduceva nella nostra psicologia il senso del peccato, della colpa che portavano al senso della responsabilità e della disciplina. Ognuno di noi in questo modo si formava un suo codice etico e morale, si costruiva la coscienza destinata ad accompagnare tutti gli atti della vita, un codice etico condiviso nel quale tutti si riconoscevano.

Era la morale che regolava i comportamenti ancor prima che si verificassero stabilendo una soglia al disotto della quale non c’era bisogno della legge dello Stato che intervenisse a regolare e a sanzionare, bastava la coscienza. C’era anche il ruolo della comunità, se ne temeva il giudizio, anche se lamentavamo l’invadenza dei vicini e dei paesani che “non si facevano i fatti loro”. Era comunque un fattore di autoregolamentazione del comportamento, si evitava di farsi “criticare”. 

Tutta la comunità partecipava all’educazione dei bimbi, lo facevano i parenti, ma anche i vicini ed anche un semplice passante che vedesse un minore commettere azioni vietate era autorizzato a intervenire, richiamare, tirare le orecchie e poi riferire ai genitori perché gli dessero “il resto”.  Tutto ciò non esiste più.

I bambini dall’età del pannolino sono abituati a fare tutto quello che vogliono. I moderni genitori sono a disposizione dei pargoli, non insegnano più quello che è giusto e quello che è sbagliato, quello che è bene e quello che è male, eseguono solo i desideri dei figli. La Chiesa non viene più ascoltata, i bambini odiano il catechismo e il suo insegnamento, non sono abituati alle regole, la scuola ha le mani legate, i vicini sono invitati a farsi i fatti oro.

Il ragazzo della metropolitana che manda una donna in coma con un pugno, dopo l’interrogatorio degli inquirenti chiede:posso andare, adesso? Lui è il giudice di se stesso, decide lui se una cosa è giusta o sbagliata, si assolve, salvo andare in escandescenze quando gli dicono che no, tu non vai a casa, vai in carcere. Siamo nell’ impero delle pulsioni interiori non più regolabili proprio da quelle norme che da sempre le contenevano. L’ unico metro morale sono io stesso. Sabrina, avrebbe raccontato il padre Michele, dopo aver ucciso la cugina Sarah, al padre che le diceva: ma cosa hai fatto? lei avrebbe risposto: ormai è fatta, è andata così, dammi una mano. Lei si era già assolta.

Ormai non ci si regola più in base alla coscienza morale né in base alla legge dello Stato ma al proprio soggettivismo etico, una regola personale. Da tempo il sociologo De Rita avverte: guardate, stiamo vivendo la stagione più acuta del soggettivismo etico, tutti giudicano le proprie azioni e adottano decisioni morali in base a un criterio assolutamente personale.  Non solo non si ha più il senso del peccato, ma si è perso anche quello del reato, dell’illecito. La radice di questa sorta di anarchia collettiva, di cancellazione dei capisaldi interiori va cercata, secondo il sociologo (e anche secondo me),  nell’ irripetibile e mitizzata stagione che cominciò col ’68 e che modificò per sempre la società italiana: Uno degli slogan del Sessantotto era “la norma ci uccide”. Si volle la liberazione dalle regole.

Oggi la “formidabile” stagione della liberazione dalle regole è finita. Semplicemente perché non ci sono più le regole.

Scritto nel mese di novembre 2010

 

La Morale

Oggi, c'e un altra morale, una nuova norma. La norma e di pottere pensare e fare quale che ci piace. La morale del nuovo millemio e di pensare con il corpo e non con la mente. Infatti, siamo ritornati come prima, animali. Ecco la revoluzione. Abbiamo fatto un giro!

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