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La ZITA

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 La ZITA


Non potevano fare eccezione, agli sposi il sesso era consentito solo dopo sposati per cui la prima notte di nozze rimaneva per tutti, o quasi tutti, un'esperienza tanto attesa quanto indimenticabile.
Nel rispetto della tradizione i due giovani sposi non si erano toccati prima delle nozze, forse qualche bacino, una carezza, ma non più di tanto. La festa si svolse secondo i canoni in una delle sale per matrimoni, forse l'Odeon in via Cavour, una sala, sì vabbè, niente altro che un lamione, ma all'epoca era così. Gli ospiti tutti seduti su due file di sedie poste ad anello, tutte intorno alla sala, dove si stazionava seguendo le fasi della festa: l'arrivo degli sposi, gli applausi, l'azzettamento, la distribuzione di un panino consegnato nelle mani degli inviatati, poi la distribuzione dei dolci fino ai confetti prima della chiusura della festa.
Tra una distribuzione, un assaggio e l'altro, il complesso di Nicola o' guercio suonava musiche da ballo alla moda da Chitarra romana alla Cumparsita permettendo a chi voleva ballare di farlo secondo un codice di comportamento puntuale. I cavalieri si alzavano dai loro posti, o lasciavano il crocchio degli amici, e si avvicinavano alla ragazza precedentemente puntata che volevano invitare: signorina permetti? O se c'erano i genitori si chiedeva al padre o alla madre: signora posso invitare vostra figlia a ballare. Se la risposta era positiva ecco la coppia che si formava iniziando a ballare sotto mille occhi attenti, se la risposta era negativa, e succedeva, si girava al largo, puntando qualcuna di quelle che erano rimaste a sedere. Il culmine della festa si aveva quando qualcuno più capace organizzava la Quadriglia, un ballo di più coppie dirette dall'esperto di turno che dava gli ordini ai ballerini in una specie di francese paesano: rullè, a messa, danzè, changè una dame, dò dame.
Gli inviti ai matrimoni erano graditi, sopratutto dai giovani che avevano così occasione di conoscere le ragazze che normalmente passavano il loro tempo in casa, sognando dietro una finestra; ci si andava volentieri anche perché non ci si svenava come oggi, ma era anche l’occasione per ballare. E per ballare c’era anche chi si infiltrava nella festa, si metteva in ghingheri, e si presentava alla festa, azzettavano regolarmente, quelli più onesti, lasciando la busta nel cestino che gli sposi passavano tra gli invitati, e c'era chi la busta la metteva vuota. Contavano sul fatto che ciascuno dei due sposi avrebbe pensato che erano invitati dall'altra parte e normalmente gli andava bene.
Consegnate le bamboniere, salutati gli ospiti, contati i sodi della donatìa, pagata la sala, finalmente arrivava la gioia della prima notte con le sue dolcezze, le sue scoperte, la bellezza del contatto. E qualche volta la sorpresa.
Una volta, arrivati finalmente all'atto finale, al momento del godimento, lo sposo che era alla sua prima volta, sorpreso dalla dolcezza del piacere sessuale disse:
- Madonna mè, quand'é bélle - e lei incuriosita chiese:
- Jè la prima volde?
- Sine, e a te?
- No, jie l'egghie pruate n'alde do o tre vòlde.
- Ah chi t'è mmuorte! esclamò lo sposo. E la cacciò di casa.
Michele Galante (2020) - Foto Ralph Brpwn

 

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