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L'ECONOMIA dei DRONI

 

Siamo portati a credere che la cosa più importante nella vita siano pezzi di carta, il denaro, e quindi ci sembra logico che per i nostri governi sia più importante rispondere alle necessità delle banche, piuttosto che alle necessità delle persone. È un mondo impazzito, ed è molto difficile capire cosa stia effettivamente succedendo. Il problema fondamentale alla base della crisi che stiamo vivendo è che l’economia è cresciuta troppo. Si sono create ricchezze eccessive che non hanno ruolo sociale. Il problema è che i nostri governi, da quelli di sinistra a quelli di destra, hanno deregolamentato le corporazioni e le banche internazionali, a scapito delle economie locali e nazionali. Questo è stato fatto nel nome del libero scambio e del mercato libero. In realtà questo mercato è formato da enormi monopoli interconnessi, e il grande problema è la loro scala. Questa rete interconnessa fatta  di trilioni di dollari deregolamentati, flottanti e speculativi, ha creato una forza, una pressione, capace di condizionare ogni governo. E praticamente ogni governo sta rispondendo ai bisogni di banche e corporazioni globali, invece che ai bisogni dei loro cittadini o a quelli della madre terra.
Helena Norberg-Hodge, di cui commentiamo un articolo,  la chiama "economia dei droni". I droni sono aeromobili a pilotaggio remoto che fanno sì che qualcuno possa restare seduto a Las Vegas e uccidere della gente in Afghanistan, senza nemmeno sapere quanti e quali esseri umani ammazza. Questo è quello che succede nella speculazione finanziaria: persone sedute da qualche parte nel mondo investono nell’acqua, nelle grandi opere o nell’edilizia dall’altra parte del mondo, senza avere la minima idea dell’impatto che avranno sulle popolazioni o sulla natura. Occorre riportare l’economia al suo posto, localizzarla. 

Il fulcro dell’economia sana, come la si conosceva, è il cibo, la cosa più importante che l’uomo produce, insieme alle produzioni industriali e artigianali necessarie alla vita delle persone. Questa economia ha perso importanza, mentre la pressione finanziaria e del capitale ha forzato l’economia per trovare sbocco agli investimenti finanziari (e non industriali) di trilioni di euro, inventandosi grandi opere, ponti sullo stretto, TAV, TAP e quant’altro consenta ai grandi capitali il loro guadagno, disinteressandosi dei veri bisogni della gente.
Per superare questo sistema che sta strozzando il lavoro, che sta distruggendo la democrazia, la tipicità e la diversità biologica, occorre adattare l’economia ai bisogni delle persone nel rispetto della diversità biologica. Il consumo locale, dice l’autrice, si va organizzando in una rete mondiale che si oppone al mercato globale e lotta per la sovranità alimentare, cioè per il diritto di produrre prima di tutto per la comunità locale, piuttosto che per Walmart (multinazionale della distribuzione), o piuttosto che usare i semi della Monsanto con i loro geni Terminatori (impediscono la riproduzione).
Per fare questo bisogna tornare alla finanza locale. Banche più responsabili, strutture che permettono investimenti locali per le aziende locali e per le necessità locali.

Chi si oppone a questo bisogno di localizzazione è una estrema minoranza. Sono meno, molto meno dell’1%, quelli che hanno insistito nell’inseguire un’idea di crescita e di progresso che ci ha fatti retrocedere, portando povertà, disoccupazione, precarietà economica a vantaggio della grande finanza, delle banche, dei fondi comuni che rastrellano risorse per utilizzarle nell’economia dei droni. Il numero di individui che spingono su questa strada sono davvero una piccola minoranza e il loro potere aumenta pericolosamente ogni giorno. Bisogna fermarli.

 

Finito di scrivere il 6.01.2014                                                           Michele GALANTE (2014)

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